L’acufene è quel suono fantasma che può avere importanti conseguenze sulla qualità di vita delle persone. Provoca sintomi quali fischi, ronzii, pulsazioni, fruscii di diversa natura e intensità e secondo vari studi colpisce tra il dieci e il trenta per cento della popolazione mondiale, con un maggiore interessamento della fascia di età over 70 di cui ne risulterebbe interessato oltre il 30%. Il problema più grande degli acufeni è che ad oggi non vi sono rimedi efficaci e le terapie adottate, il più delle volte, sono da considerare dei palliativi. I ricercatori dell’Università dell’Illinois hanno scoperto come l’acufene cronico sia legato a dei cambiamenti di alcune specifiche aree del cervello e, quindi, si può attestare come vi sia una base organica legata al sintomo in questione. La ricerca ha inoltre evidenziato come tali cambiamenti siano in grado di impedire al cervello di mettersi in pausa, facendolo rimanere costantemente in modalità di attenzione, incidendo così sulla qualità di vita del soggetto colpito. I dati della ricerca hanno inoltre indicato il precuneo quale sede del cervello in cui risiede l’acufene. E’ questa area, infatti, che presenta delle importanti modificazioni nei pazienti con acufene cronico, risultando decisamente più connessa alla rete dell’attenzione, rispetto a quella che la mette in pausa. Nei soggetti interessati dal disturbo, ciò determina la mancanza di riposo anche durante il sonno e questo spiegherebbe il senso di stanchezza e affaticamento, oltre ad un peggioramento della capacità di concentrazione, dovuta alla focalizzazione ininterrotta che il cervello mantiene durante le 24 ore .
Dott. Pagnotta Giorgio
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